Ci segnalano una presunta lettera di Garibaldi a Collodi, secondo una condivisione che ci è stata segnalata “una lettera sua privata, a pochi giorni della sua morte; un barlume di coscienza, cosa rara e unica, ma almeno questa da apprezzare, per un delinquente assassino imbroglione (massone) come lui”.
Definire la “lettera di Garbaldi a Collodi” reale è come giurare di aver visto i dinosauri nel mondo moderno perché in Jurassic Park essi c’erano, e dichiarare che l’esistenza dei fumetti di Batman e Superman prova che in America i Supereroi Mascherati sono presenze fisse e verificabili.
La lettera di Garibaldi a Collodi non esiste, la verità in un romanzo
La presunta lettera è un atto di autoaccusa assai inconsueto per Garibaldi. Un lungo muro di testo in un Italiano sin troppo moderno per un personaggio dell’800 nel quale Garibaldi si definisce un francese di nome “Joseph Marie Garibaldi”, un dissoluto che ha distrutto la Penisola ed esprime velleità e sentimenti neoborbonici prima che il neoborbonismo andasse di moda.
L’unica fonte della presunta lettera è il romanzo “Le confessioni di Joseph Marie Garibaldì”, di Francesco Luca Borghesi.
Secondo il romanzo Garibaldi scrisse tale lettera in fin di vita: ma nel 1882 Garibaldi era gravemente infermo, paralizzato e incapace di scrivere a causa di una forte artite reumatoide.
Inoltre la misteriosa lettera è datata prima del primo di giugno del 1882, giorno in cui scoprì di aver contratto una fortissima e improvvisa, enfasi su improvvisa, bronchite. Sapere di stare per morire presto il giorno prima non l’avrebbe reso un “pentito”, ma un veggente.
Questo a parte lo stile moderno e le idee neoborboniche che di fatto rendono la lettera l’equivalente neoborbonico della “Lettera di Pasolini ad Alberto Moravia o Alberto Sordi” nella quale Pasolini si diletta in citazioni di Sabina Guzzanti come il peggiore dei teledipendenti dal cervello bollito dall’abuso del tubo catodico, probabilmente per farsi rispondere da Alberto Sordi “Maccarone tu mi hai provocato e mo’ te magno!”
Infine, ma solo per scrupolo, abbiamo contattato l’Associazione Nazionale Garibaldi informandoli della segnalazione, ricevendo la seguente replica che riportiamo in integrale, con permesso:
La “lettera scritta” da Giuseppe Garibaldi, o per meglio dire Joseph Marie Garibaldi, che pochi giorni prima di morire inviò al professor Carlo Lorenzini, meglio conosciuto come Carlo Collodi.
E’ tratta dal romanzo “Le confessioni di Joseph Marie Garibaldì“, di Francesco Luca Borghesi. (2014) la vera storia dell’unificazione d’italia raccontata da Garibaldi (mnamon.it)
Google books descrive l’autore cosi:
Francesco Luca Borghesi , classe 1969, di Marina di Ravenna da parte di padre , croato da parte di madre. Scrittore prevalentemente comico ha vinto il prestigioso premio “Massimo Troisi” nel 2008 per il miglior racconto.
Come romanzo concludiamo che il libro e frutto della sua pura talentosa fantasia coll’intento di divertire il lettore rendendo una interpretazione assurda della realtà dei fatti storici di grande rilievo per l’unificazione e l’Identità Italiana.
Rimaniamo increduli di fronte a tanta ignoranza da parte di coloro che credono nelle sue parole. Fessi sono e fessi rimangono, bisogna ripartire dall’insegnamento del Risorgimento nelle scuole, senza la quale qualsiasi interpretazione della storica da parte di una certa “cancel culture” può prendere piedi.
Lasciandovi quindi il parere dell’Ingegner Francesco Garibaldi-Hibbert, discendente diretto di Anita e Giuseppe Garibaldi, possiamo affermare che un’opera di fiction è diventata ostentazione di mancanza di conoscenza della storia in chi si ostina credere nella verità della presunta “lettera”.
Abbiamo corretto lo status sociale dell’Associazione Garibaldi e precisato il legame di parentela del suo Presidente con l’Eroe dei Due Mondi, elemento utile e necessario alla ricostruzione storica.