Dal genoma dei Neanderthal informazioni su COVID19? Questa è una grande notizia che, come sempre accade su Internet, si risolve nella stupidità del complottista antiCOVID19 medio che, non contento di aver più volte dimostrato la sua assoluta incapacità di comprendere la virologia di livello base, decide di regalarsi la grande occasione di rendersi ridicolo con storici e archeologi sbracciandosi e ridendo “Eh ma allora siete tutti Neanderthal, tutti primitivi covidiotih”.
Dal genoma dei Neanderthal informazioni su COVID19: il genoma di Vindija e la stupidità complottista
L’Istituto Mario Negri ha presentato oggi, nell’ambito dello studio Origin, un’esame della relazione fra i fattori genetici e la gravità della malattia COVID-19 nella provincia di Bergamo, epicentro della pandemia.
Lo studio ha coinvolto 9.733 persone di Bergamo e provincia che hanno compilato un questionario sulla loro storia clinica e familiare riferita al Covid-19: nel campione questo ampio campione sono state selezionate 1.200 persone – tutte nate a Bergamo e provincia – divise in tre gruppi omogenei per caratteristiche e fattori di rischio: 400 che hanno avuto una forma grave della malattia, 400 che hanno contratto il virus in forma lieve e 400 che non l’hanno contratto.
Lo studio ha suggerito una familiarità tra i gruppi di contagiati: essendo imparentati, si è suggerito un fattore genetico, sperimentalmente individuato alla presenza di tre dei sei geni di questa regione che si trovano sul cromosoma 3: si tratta dei geni CCR9 e CXCR6, responsabili di richiamare i globuli bianchi e causare infiammazione durante le infezioni, e del gene LZTFL1, che regola lo sviluppo e la funzione delle cellule epiteliali nelle vie respiratorie, condizionando le diverse manifestazioni della malattia.
La cosa più interessante, al netto del linguaggio scientifico che mette in difficoltà chi è passato dal giramento di sugo alla virologia ed ora cerca di atterrare (di faccia) sulla genetica è che i geni citati sono presenti nel c.d. genoma di Vindija, il codice genetico rilevato in resti umani in una grotta in Croazia che confermano la compresenza di Homo Sapiens Sapiens e Homo Sapiens Neandhertalensis e il loro incrocio reciproco fino alla scomparsa degli ultimi.
Quei geni erano presenti nei Neanderthal Europei.
Cosa rende il leone da tastiera meno arguto di un Neanderthal
Va inoltre precisato, cosa sfuggita a molti, che l’Europeo medio ha dall’1% al 4% di geni in comune col Neanderthal.
La Cava di Manot, in Israele, dimostra che il primo incrocio noto tra Sapiens Sapiens e Neanderthal è apparso sul nostro pianeta in un’epoca compresa tra 49.200 e 60.200 anni fa, seguito da reperti in Europa di epoche successive.
I Neanderthal non si sono “estinti in massa” prima dell’arrivo di noi Sapiens Sapiens: come due specie concorrenti, col tempo abbiamo soppiantato i nostri “buoni cugini”, vivendo nelle loro terre, accoppiandoci con loro, facendo in modo che parti del loro codice genetico restassero in noi, tra cui quelle responsabili per un sistema immunitario efficiente: in alcuni casi troppo efficiente e responsabile per l’eccesso di risposta immune riscontrato nei primi mesi della pandemia.
Oltre il danno la beffa: sappiamo per certo dell’intersezione tra novax, noCOVID e i vari notuttismi della storia di Internet: la cosa più divertente è che esiste una categoria geografica nella quale è impossibile trovare ascendenze Neanderthal perché ha speso la sua esistenza in un luogo dove i Neanderthal non c’erano.
Parliamo delle popolazioni Africane che mai hanno coabitato coi Neanderthal, mai hanno fatto in tempo ad accoppiarsi con loro, e infatti non esprimono i geni oggetto della ricerca.
Il razzistello da tastiera che ride di una grande scoperta insultando i partecipanti dovrà, a questo punto, scendere a patto col fatto di essere il “cavernicolo” verso cui sta puntando il dito e tornare a rendersi grottesco con complotti alla sua altezza, come l’inesistente bufala della sostituzione etnica, in questo caso col Neanderthal.
Le reazioni serie
Uscendo dal rissoso mondo dei social, il mondo della politica locale si è da subito dichiarato orgoglioso della scoperta.
“Siamo molto grati al professor Remuzzi e al suo staff – ha commentato Guido Bertolaso, assessore regionale al Welfare -. Ci permettono di condividere informazioni in prima battuta davvero eccezionali ed è un privilegio avere in anteprima notizie di carattere mondiale. Mi chiedo per quale ragione questa tragedia non ha colpito l’Africa, ad esempio e per fortuna? Ho capito che faccio parte da Neanderthal, visto che ho avuto il Covid severo. Potremmo avere in futuro strumenti per proteggere categorie più a rischio, come appunto chi viene da Neanderthal. La ricerca ci permette di potere programmare. Il fascino dei nostri tempi è quello di avere, grazie alla genetica, risposte che mai nessuno è riuscito a raggiungere”.
Lo segue il presidente della Regione Attilio Fontana per cui “Lo studio apre una via interessante per meglio conoscere il Covid, anche se non dà risposte definitive. Con Remuzzi mi sono confrontato tante volte, mi disse che stava conducendo studi e ricerche che evidenziava la presenza di undici malati già nel 2019 e la componente genetica. Ho aderito alle sue proposte con entusiasmo, e lo studio ora ci dice cose importanti. È un passo importante per capire cos’è accaduto e interpretare ciò che potrà succedere in futuro”.