Nel 1933 avvenne ciò che è noto nella storia della Medicina e non solo come la strage di Gruaro. L’argomento viene spesso riproposto dagli antivaccinisti nei tentativi di dimostrare la pericolosità del vaccino. Oggi ricostruiremo questa storia.
La strage di Gruaro
L’allarme difterite del 1932
Per la vaccinazione anti difterite a Gruaro, un comune in provincia di Venezia, nel 1933 morirono 28 bambini. La storia è presente su tante fonti, una fra queste è il libro di Ariego Rizzetto Gruaro, Venti Secoli di Storia nelle pagine 234, 235 e 236 consultabili a questo indirizzo.
Nel 1932 nel comune di Gruaro si moltiplicavano i casi di infezione da difterite. Per questo il prefetto Bianchetti fece pressione sul podestà – ricordiamo: l’Italia era sotto il regime fascista – Adami di far partire una campagna di vaccinazione.
A cercare di porre un freno all’emergenza denunciata da Bianchetti ci fu Betti Bettino, ufficiale sanitario del Comune, che comunicò ad Adami che negli ultimi 3 anni si erano verificati solamente 2 casi. Il podestà temporeggiò per alcuni mesi fino a quando Bianchetti non rinnovò l’invito. Per questo il 20 marzo 1933 Bettino Betti firmò l’ordinanza e furono disposte le vaccinazioni sui bambini di età compresa fra 1 e 8 anni.
La strage
Da quel momento si contarono le vittime della strage di Gruaro. In questa parte della storia un ruolo determinante è svolto da Adamo Gasparotto, sopravvissuto alla strage che in una lettera inviata al sindaco di Gruaro nel 2013, nel richiedere una degna manifestazione di memoria al Comune (con una targa o una lapide) ricostruiva quella brutta storia. Gasparotto riferisce che non mancarono gli oppositori alla campagna di vaccinazione.
Oltre a Betti Bettino, medico e ufficiale sanitario, un forte dissenso arrivò anche dal parroco don Angelo Cominotto e anche dal parroco di Bagnara, don Gioacchino Muzzatti. Tuttavia Betti Bettino somministrò il vaccino a 254 bambini convocati presso l’ambulatorio comunale.
Poche ore dopo “Tornammo a casa e ci sentimmo tutti male”, ricorda Adamo Gasparotto a Venezia Today e nei giorni successivi morirono 28 bambini. A seguito della lettera di Gasparotto la notizia venne riportata alla memoria e sempre nel 2013 il primo cittadino di Gruaro denunciò la sparizione dei fascicoli sulla strage dagli archivi del Municipio. Rimaneva, piuttosto, il documento originale con l’ordine impartito dal prefetto Bianchetti al podestà Adami.
L’insabbiamento del regime fascista
Giunta la notizia dei 28 morti e dei continui malesseri accusati dai bambini che avevano ricevuto il vaccino, le autorità si recarono a Gruaro ed eliminarono le prove della strage. Specialmente, entrarono in tutte le case e prelevarono le scatole vuote. Tuttavia non si svolse alcun processo sulla vicenda. Le famiglie delle vittime, solamente, ricevettero un indennizzo di 7mila lire.
Le cause della strage
La causa sollevata e scoperchiata da Gasparotto portò, nel 2013, ad individuare il motivo delle morti dei 28 bambini di Gruaro: un contenitore di siero in un laboratorio di Napoli non fu fatto bollire e per questo gli abitanti di Gruaro e Cavarzere ricevettero il vaccino vivo, una sostanza che si rivelò letale. La strage non fu dunque causata dal vaccino in sé ma dal trattamento cui venne sottoposto il lotto arrivato a Gruaro e Cavarzere.
La semplificazione dei complottisti
Il “vaccino sperimentale” di Gruaro e quello sperimentale anti Covid
Complottisti e semplificazione sono, in più occasioni, sinonimi. Dobbiamo considerare, in primis, le due epoche messe a confronto. Da una parte abbiamo il 1932/1933 con una pressione operata da un prefetto senza alcun conforto da parte della comunità scientifica sulla vaccinazione anti difterite. Dall’altra abbiamo il 2020 con il virus Sars-CoV-2 come protagonista, un mostro invisibile per il quale l’OMS ha dichiarato la pandemia e sul quale, dal primo giorno, sono all’opera tutti gli scienziati del mondo per raggiungere l’efficacia di un vaccino. Oggi questo vaccino è disponibile ed è arrivato anche in Italia.
Il significato di sperimentale nel primo dopoguerra e nel 2020
Su questo argomento citiamo l’esempio del professor Roberto Colombo riportato su Tempi:
La sperimentazione clinica dei farmaci, dei vaccini e di altri prodotti biotecnologi ad uso umano non si ferma alla Fase III, quella che deve fornire i dati per l’autorizzazione che le Agenzie governative sono chiamate a rilasciare per la immissione in commercio e la somministrazione di questi preparati. Vi è anche la Fase IV, che segue l’inizio e la prosecuzione dell’utilizzo effettivo del prodotto da parte dei pazienti attraverso la prescrizione medica. Questa ulteriore fase della sperimentazione – in realtà, tutta la pratica della medicina e della chirurgia è un processo “sperimentale”, nel senso che gli interventi medici o chirurgici producono evidenze che sono oggetto di continuo studio empirico per valutare l’appropriatezza e l’efficienza dell’assistenza sanitaria prestata ai malati – si fonda sulla farmacovigilanza. Anche dopo la commercializzazione, il nuovo prodotto viene tenuto sotto controllo per rilevare eventi avversi o problemi eventualmente sfuggiti agli studi di fase I-III, perché si manifestano molto raramente o a lungo termine, oppure solo in particolari condizioni o in determinati soggetti. Questi studi (mai definitivamente chiusi finché il farmaco o il vaccino è in uso) possono riguardare milioni di pazienti, e consentono analisi statistiche sempre più robuste, con un campione di scala così grande da consentire di rilevare effetti sulla morbosità e/o mortalità che riguardano una percentuale molto ridotta della popolazione, non rilevabili negli studi condotti prima della autorizzazione e commercializzazione su gruppi contenuti di volontari.
ISS e AIFA, rispettivamente in questa e questa guida, hanno elencato tutte le fasi di sperimentazione di un vaccino. Ci sarebbe, in seguito, un necessario ripasso della storia dell’Istituto Superiore della Sanità che invitiamo a leggere nella scheda dedicata sul sito istituzionale. Per farla breve, la percezione di un’epidemia e la conseguente accuratezza degli interventi, durante l’occupazione fascista, erano ben diverse rispetto a questo 2020 in cui esistono diversi organi anche a livello mondiale che coordinano gli interventi anche in tempi di pandemia.
Conclusioni
Parlare di “vaccino sperimentale” del 1933 e associarlo a quelli che oggi sono sulla bocca (e sulle falangi) di tutti, Pfizer e Moderna, significa non coglierne le differenze e i contesti, e soprattutto confondere significati e significanti. In assoluto il vaccino inoculato ai 254 bambini di cui 28 morirono fu una realtà ben diversa da ciò che accade oggi, specie dal momento che il lotto di siero spedito da Napoli a Gruaro e Cavarzere fu letale per motivi che furono specificati solo dopo tanti anni, visto l’insabbiamento voluto dal regime fascista per nascondere le responsabilità. Il “vaccino sperimentale” del primo dopoguerra era una realtà ben diversa dal “vaccino sperimentale” di cui parliamo oggi per il Covid-19, di cui il mondo intero ha conosciuto i processi grazie ai continui aggiornamenti da parte delle aziende e dei ricercatori.
In conclusione: associare il vaccino di oggi a quello contro la difterite che provocò la strage di Gruaro del 1933 significa indurre alla disinformazione, nonché dimostrare una scarsa predisposizione alla contestualizzazione dei fatti e all’approfondimento.