Nel 2017 circolò l’articolo “Bomba Ratzinger: scavalca Papa Francesco e lancia un nuovo anatema contro gli Islamici” pubblicato su Gazzetta della Sera e archiviato su archive.is:
Il terrorismo islamista è entrato anche nelle elezioni francesi e ormai fa parte stabilmente delle cronache europee. Non è più un caso accidentale e non potremo spazzarlo via tanto facilmente. L’ Isis prima ha cercato in Europa «Foreign Fighters» che andassero a combattere in Siria e Iraq.
Oggi li rispedisce in Europa e contemporaneamente tenta una campagna di arruolamento all’ interno dell’ ormai vastissima presenza islamica nel Vecchio Continente. Bisogna riconoscere però che questa campagna di arruolamento fra le comunità islamiche europee non ha presa. Non si può dire infatti che (almeno per ora) il terrorismo faccia proseliti fra i musulmani di casa nostra.
E questa è una buona notizia. Certo, c’ è chi si fa sedurre dall’ Isis, ma si tratta di piccolissime frange che speriamo non si allarghino. Tuttavia questo non significa che l’ Islam di per sé non sia comunque una grossa sfida politico e culturale per l’ Europa. L’ Islam – che non è da identificare col terrorismo – è una concezione globale dell’ uomo, della società, della giurisprudenza e dello Stato (come vediamo nei Paesi arabi e islamisti) ed è difficilmente compatibile con la liberaldemocrazia e la modernità occidentale.
Questo è un problema che riguarda effettivamente le comunità islamiche europee e noi europei.
Basti considerare il grande successo che il leader turco Erdogan ha avuto fra i turchi residenti in Europa nel recente referendum. È la dimostrazione che l’ integrazione – che per esempio in Germania è effettiva – non significa affatto lo sradicamento della loro cultura islamica d’ origine.
E dunque cosa accadrà se le comunità musulmane europee – crescendo per l’ alto tasso di natalità e per l’ immigrazione – daranno vita a loro formazioni politiche? Nessuno sembra porsi il problema, soprattutto nei circoli intellettuali e politici nostrani, pigramente multiculturalisti. In Francia invece il dibattito divampa (come in altri paesi europei).
A intervenire – a sorpresa – in questa bollente questione è stato, in questi giorni, nientemeno che Benedetto XVI. A conferma del fatto che – pur vivendo ritirato in un suo eremo spirituale – resta l’ intelligenza più lucida e coraggiosa del nostro tempo. A fornirgli l’ occasione è stato il Simposio che il presidente polacco Andrzej Duda e i vescovi di quel Paese hanno organizzato in suo onore per il 90° compleanno del papa emerito.
Il titolo del convegno è: «Il concetto di Stato nella prospettiva dell’ insegnamento del cardinal Joseph Ratzinger-Benedetto XVI». Un tale Simposio è anzitutto il riconoscimento di un grande pensatore, che esprime al meglio il pensiero cattolico nell’ attuale confronto di idee (non si può dire lo stesso per il peronismo sudamericano e politically correct dell’ attuale vescovo di Roma).
Benedetto XVI ha scritto al Simposio un messaggio sintetico, ma lucidissimo, che, in poche righe, centra perfettamente il problema perché chiama per nome l’ islamismo e la sua concezione dello Stato (cosa alquanto inconsueta al tempo di Obama e di Bergoglio). Ma Benedetto XVI non pone solo il problema dell’ islamismo: insieme ad esso mette in discussione anche lo stato laicista occidentale.
Il messaggio merita di essere letto: «Il tema scelto», scrive Benedetto XVI «porta Autorità statali ed ecclesiali a dialogare insieme su una questione essenziale per il futuro del nostro Continente. Il confronto fra concezioni radicalmente atee dello Stato e il sorgere di uno Stato radicalmente religioso nei movimenti islamistici conduce il nostro tempo in una situazione esplosiva, le cui conseguenze sperimentiamo ogni giorno.
Questi radicalismi esigono urgentemente che noi sviluppiamo una concezione convincente dello Stato, che sostenga il confronto con queste sfide e possa superarle. Nel travaglio dell’ ultimo mezzo secolo, con il Vescovo-Testimone Cardinale Wyszynski e con il Santo Papa Giovanni Paolo II, la Polonia», conclude papa Ratzinger «ha donato all’ umanità due grandi figure, che non solo hanno riflettuto su tale questione, ma ne hanno portato su di sé la sofferenza e l’ esperienza viva, e perciò continuano ad indicare la via verso il futuro».
È significativo che Benedetto XVI indichi come esempi da seguire il cardinale Wyszynski, simbolo dell’ opposizione allo stato ateo comunista, e Giovanni Paolo II che – oltre alla lotta contro i totalitarismi atei – cercò di far capire all’ Europa che sarebbe stato disastroso costruire una Unione europea sul secolarismo più laicista, recidendo le radici spirituali dei popoli europei e l’ apertura a Dio della sua cultura bimillenaria, perché proprio da quelle radici è venuta la centralità della dignità umana che ha sempre caratterizzato l’ Europa.
Benedetto XVI afferma che «concezioni radicalmente atee dello Stato» da una parte e «il sorgere di uno Stato radicalmente religioso nei movimenti islamistici conduce il nostro tempo in una situazione esplosiva».
Ancora una volta la sua è una voce profetica e ancora una volta, probabilmente, non sarà ascoltata. Il suo messaggio sintetico richiama lo storico discorso di Ratisbona, del settembre 2006, dove Benedetto XVI – diversamente da quanto si crede – non fece affatto un’ invettiva anti-islamica, ma propose al mondo musulmano, all’ Europa laicista e ai cristiani, l’ unico vero terreno di dialogo che essi hanno in comune: la ragione. In tutta la sua grandezza, non nella sua limitata accezione scientista e razionalista (perché il razionalismo sta alla ragione come la polmonite sta al polmone).
Uno dei maggiori filosofi del nostro tempo, René Girard, ha fatto l’ apologia di quel discorso: «Ciò che io vedo in questo discorso è prima di tutto una perorazione della ragione. Tutti si sono scagliati contro il Papa», ma «questo Papa, considerato un reazionario, si è comportato da difensore della ragione». In pratica Benedetto XVI indica una terza via – fra stato laicista e islamismo – ed è il recupero delle radici spirituali e umanistiche dell’ Europa e della nostra cultura. Sarebbe bene rifletterci.
di Antonio Socci
Ratzinger e l’Islam
Gazzetta della Sera (oggi inesistente) aveva fatto un copia-incolla dall’articolo “Antonio Socci: ‘Solo Ratzinger ha il coraggio di affrontare la bomba islamica’” pubblicato su Libero Quotidiano il 23 Aprile 2017 e firmato, appunto, da Antonio Socci. Una prima analisi, anche veloce, ci fa notare che il titolo pubblicato da Gazzetta della Sera non ha alcun riscontro con il contenuto dell’articolo. Lo stile acchiappaclick lascia intendere che Joseph Ratzinger abbia puntato pesantemente il proprio dito contro l’Islam e che non fosse la prima volta.
Ci occupiamo oggi di un contenuto del 2017 in quanto la teoria secondo la quale Joseph Ratzinger avrebbe lanciato un’invettiva contro l’Islam è spesso riproposta, anche nel 2023.
È sufficiente la lettura del contenuto, dunque. Il Simposio “Il concetto di Stato nella prospettiva dell’insegnamento del Cardinal Joseph Ratzinger-Benedetto XVI” si è tenuto il 19 Aprile a Varsavia presso la Conferenza dell’Episcopato polacco con il patrocinio dei vescovi polacchi, della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger, del Presidente polacco Andrzej Duda e dell’Agenzia di Informazione cattolica Kai. Troviamo riscontro e conferma sul sito ufficiale di Radio Vaticana nell’articolo “Messaggi di Papa Francesco e Benedetto XVI a Simposio in Polonia” pubblicato il 20 Aprile 2017.
Il Simposio si è tenuto in occasione del 90° compleanno del Papa emerito Benedetto XVI. Ne parla anche La Stampa nell’articolo “Benedetto XVI: ‘Contro i radicalismi sviluppare una concezione convincente dello Stato’” pubblicato il 19 Aprile. Joseph Ratzinger è intervenuto con un messaggio scritto nel quale ha detto, dati i riscontri delle fonti citate:
Il confronto fra concezioni radicalmente atee dello Stato e il sorgere di uno Stato radicalmente religioso nei movimenti islamistici conduce il nostro tempo in una situazione esplosiva, le cui conseguenze sperimentiamo ogni giorno. Questi radicalismi esigono urgentemente che noi sviluppiamo una concezione convincente dello Stato, che sostenga il confronto con queste sfide e possa superarle. Nel travaglio dell’ultimo mezzo secolo, con il Vescovo-Testimone Cardinale Wyszyński e con il Santo Papa Giovanni Paolo II, la Polonia ha donato all’umanità due grandi figure, che non solo hanno riflettuto su tale questione, ma ne hanno portato su di sé la sofferenza e l’esperienza viva, e perciò continuano ad indicare la via verso il futuro.
Decisamente ben diverso dall’apparire come un anatema contro l’Islam e come una spallata contro Papa Francesco. Gazzetta della Sera intendeva fare in modo che il lettore si fermasse al titolo aggiungendo “nuovo anatema contro gli islamici”. Nel precedente anatema (parola usata da Gazzetta della Sera) Benedetto XVI si era espresso durante una Lectio Magistralis su “Fede, ragione e Università” tenuta all’università di Ratisbona durante un suo viaggio in Baviera, il 12 Settembre 2006. Ratzinger sollevò proteste dal mondo islamico per aver pronunciato una citazione dell’Imperatore Bizantino Manuele Il Paleologo da una sua opera sulla guerra santa. Su Huffington Post leggiamo che «Lo fece immedesimandosi nella figura – e nei tormenti – dell’imperatore e intellettuale Manuele II Paleologo, fiero difensore di Costantinopoli e di una civiltà in declino, in arretramento terminale di fronte alle armate turche». Il testo integrale della Lectio Magistralis è disponibile sulla cache di Radio Vaticana.
I chiarimenti di Ratzinger
La citazione che scatenò le polemiche fu la seguente:
Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava.
Al seguito dei moti di protesta, degli scontri violenti e delle sollevazioni sul piano mondiale causate dalla citazione, Joseph Ratzinger volle esprimere il proprio rammarico durante l’Angelus domenicale del 17 Settembre 2006. Nell’articolo “Le scuse del Papa: ‘Sono rammaricato, ma era solo un invito al dialogo’” pubblicato su Repubblica nello stesso giorno, leggiamo che Benedetto XVI spiegava che tramite quella citazione intendeva argomentare «un invito al dialogo franco e sincero» e che si trattava di «una citazione di un testo medioevale, che non esprime in nessun modo il mio pensiero».