Il caso della settimana arriva (come è ovvio e comprensibile) a Natale: “Cucù al posto di Gesù”, più o meno. Nel senso che esiste un testo modificato, ma anche in modo più profondo che la semplice sostituzione (che con la singola parola sarebbe stata invero un po’ blasfema) di Gesù con Cucù, ed esiste una diatriba che si trascina da giorni.
Cucù al posto di Gesù, ed è subito caso
Succede che una scuola di Padova diffonde un testo per una poesia di Natale. Un doppio testo: una poesia stampata dal professore di musica con delle correzioni a penna “inclusive” che di fatto sembrano aver mancato il segno.
La Stella Cometa nella versione riveduta e corretta diventa “una cometa birichina che fa cucù”, stante l’impossibilità di annunciare Gesù. Dio viene espropriato del titolo di “donatore di regali” (cosa che invero gli avrebbe comunque dato un attributo tradizionale di San Nicola e di Sauron…) che diventano “una cosa di tutti”.
Viene cancellata ogni menzione agli angeli e ogni simbolo cristiano.
Consegue ribellione dei genitori e del mondo della politica, tra cui il presidente del Veneto Luca Zaia e il Ministro Valditara. E ne conseguono le spiegazioni della scuola, che comunque al momento formano una catena di scarico delle responsabilità.
“Nonostante la modifica purtroppo effettuata su una canzoncina – osservano -, non abbiamo mai pensato di intaccare il significato della Natività che abbiamo comunque valorizzato con altri testi e con la realizzazione dei presepi. L’intento era di trasmettere il messaggio del dono, dell’incontro, del rispetto, dell’uguaglianza, dell’accoglienza, accompagnando tutti a conoscere il vero valore del Natale, senza rinunciare al simbolo del Natale, la Natività”.
Dichiara la Dirigente scolastica, che peraltro si dichiara “Non messa in alcun modo a conoscenza” dell’esistenza di quella che avrebbe dovuto essere una bozza.
Anche il Maestro di Musica autore del testo originale si dichiara non essere stato messo a conoscenza del testo “revisionato”, la cui esistenza viene attribuita a un errore di buona fede.
Che, sempre perché siamo in Italia, rischia di avere strascichi, mozioni e interpellanze.