“Dove andremo a finire”, queste le uniche parole che un utente è stato capace di pronunciare una volta ascoltata la nuova canzone dei Beatles. Il 2 novembre 2023, in effetti, è già una data storica. I Fab Four hanno sfornato una nuova canzone, Now and Then, l’ultimo lascito di John Lennon di cui i reduci della band si sono fatti carico.
Chi ha paura dell’AI?
A sconvolgere parte dell’opinione pubblica, tuttavia, è la presenza dell’intelligenza artificiale. Tutto ha inizio nel giugno 2023, quando Paul McCartney ha annunciato la novità in un’intervista rilasciata a Today Programme. In quell’occasione Macca ha precisato che l’uso dell’AI è servito per “aiutare” il lavoro, una precisazione comparsa anche negli stessi titoli dell’autorevole magazine NME.
Un mese dopo, a luglio, Richard “Ringo Starr” Starkey è tornato sull’argomento in un’intervista rilasciata a Variety, con una precisazione ben più incisiva:
Non è dipeso dall’intelligenza artificiale. Non stiamo fingendo qualcosa. Questa è in realtà la voce di John, la voce e il basso di Paul, George alla chitarra ritmica e io alla batteria.
Il contesto storico è comprensibilmente più complesso. Nel 2023, ad esempio, è uscito il nuovo album degli Oasis, ma i fratelli Gallagher non hanno avuto alcun ruolo nella sua realizzazione. Il progetto, infatti, si chiama AIsis (AI-sis) ed è opera dei Breeder, una band indie britannica. I Breeder hanno registrato un disco nello stile dei primi tre album degli Oasis – Definitely Maybe (1994), (What’s The Story?) Morning Glory (1995) e Be Here Now (1997) – e hanno modificato la voce del loro frontman con l’intelligenza artificiale, trasformandola nel timbro del cantante Liam Gallagher.
Ancora, il 2023 è l’anno in cui abbiamo sentito Kurt Cobain cantare Celebrity Skin delle Hole, ma solo grazie all’intelligenza artificiale. Come si può immaginare, questi deep fake della musica hanno generato confusione e pregiudizi inevitabili. Anche nei confronti dei Beatles. Ma come sono andate realmente le cose?
Now and Then, la storia
La storia di Now and Then ha inizio nel 1977, quando John Lennon si era allontanato dalla vita pubblica per accudire suo figlio Sean. Nonostante la lontananza da studi di registrazione e concerti, l’ex Beatle non smetteva si strimpellare alla chitarra e di comporre al pianoforte. In una di queste occasioni registrò un nastro con le demo di Free as a Bird, Real Love e Now and Then.
Dopo la sua morte, quel nastro rimase nel Dakota Building di New York fino al 1994, quando Yoko Ono contattò George Harrison per consegnargli il materiale inedito. I Beatles decisero di ridare vita a quei brani, e con Free as a Bird e Real Love vi riuscirono, inserendoli rispettivamente nell’Anthology 1 (1995) e nell’Anthology 2 (1996). Now and Then era destinato all’Anthology 3, ma l’audio del nastro originale era troppo grezzo per essere ripulito con le tecnologie disponibili negli anni ’90.
George Harrison riuscì a malapena a registrare la sua chitarra ritmica, ma il progetto fu accantonato nell’attesa di innovazioni future. Nel 2001 George lasciò questa terra e i restanti Beatles attesero ancora. Fino al 2021, quando Peter Jackson per la docuserie The Beatles: Get Back sviluppò la tecnologia audio MAL insieme al suo staff della WingNut Films. Si trattava di un processo di machine learning che consentiva alla “macchina” di apprendere i vari elementi presenti all’interno di un audio e scorporarli – “de-mixing” – in singole tracce da poter ripulire.
L’uso dell’AI nell’ultima canzone dei Beatles
Con la stessa tecnologia, dunque, arrivò finalmente l’opportunità di rimettere le mani su Now and Then e separare la voce di John Lennon dal suono del suo pianoforte. Ecco, dunque, l’uso dell’intelligenza artificiale nell’ultima canzone dei Beatles.
Lo stesso Paul McCartney ha fatto chiarezza sui social per spegnere ogni polemica sull’uso dell’AI in Now and Then:
“Abbiamo notato un po’ di confusione e speculazioni a riguardo. Sembra che ci siano molte ipotesi. Non posso dire molto in questa fase, ma per essere chiari, nulla è stato creato artificialmente o sinteticamente. È tutto reale e tutti ci suoniamo sopra. Abbiamo ripulito alcune registrazioni esistenti, un processo che va avanti da anni”.
L’AI non è dunque servita a ricreare la voce di John Lennon e tanto meno il suono del pianoforte. È stata impiegata, piuttosto, per separare voce e piano e garantire un mixaggio più pulito. A tutti gli effetti Paul e Ringo hanno suonato i loro strumenti esattamente come a loro tempo fecero John e George.
Perché questa precisazione?
Un post pubblicato da Morgan il 2 novembre recitava quanto segue: “‘Il nuovo singolo dei Beatles’ è una frase generata con IA”, un messaggio chiaro e se vogliamo quasi ironico. Marco Castoldi, infatti, intendeva precisare che non siamo esattamente di fronte a un “nuovo singolo dei Beatles”, visto che l’audio della registrazione originale di John Lennon era già stato leakato in rete negli anni passati.
Lo stesso, del resto, non si è mai dimostrato contrario all’impiego dell’AI. Tuttavia, come dimostra quel “dove andremo a finire” comparso in un commento che abbiamo riportato in apertura, il suo messaggio è stato travisato e per questo il cantautore si è trovato costretto a precisare.
Alcuni utenti probabilmente non intendono capirlo né accettarlo, come dimostrano i loro commenti sui social: “Io non la voglio una nuova canzone dei Beatles fatta con l’intelligenza artificiale“, scrivono in un caso; “Non so che pensare a riguardo della nuova canzone dei Beatles creata da un’intelligenza artificiale“, continua qualcun altro.