Ci segnalano i nostri contatti un “video storico dei lager”, diffuso da una “spunta blu” su X. Il video esiste, ma è un video di propaganda prodotto dal Terzo Reich nel 1944 in un tentativo fallito di negare le proprie responsabilità nell’Olocausto.
Il video pubblicato è quindi uno dei primi casi storici riportati di Negazionismo dell’Olocausto, commissionato direttamente dal Regime Nazifascista Tedesco nel campo di sterminio di Theresienstadt.
Spunta blu su X diffonde un video storico dei lager, ma è propaganda del Reich
Preliminarmente, va ricordato che Theresienstadt era essenzialmente un ghetto Ceco e un campo di transito per gli ebrei dell’allora Cecoslovacchia (ora Repubblica Ceca) usato per dirottare gli stessi nei campi di sterminio Polacchi, Bielorussi e Baltici. Era anche un campo di lavoro ghetto, usato per costringere i prigionieri a lavorare in condizioni servili, confidando che le pessime condizioni igienico-sanitarie fungessero da selezione preliminare prima della “selezione” nei campi di destinazione.
Difatti oltre metà dei 140mila Ebrei rinchiusi a Theresienstadt morirono nelle successive deportazioni, di cui 33mila direttamente nel campo.
Theresienstadt fu attivo dal 24 novembre del 1941 al 9 maggio del 1945. La sua condizione di campo di lavoro lo rendeva il set perfetto per i video di propaganda. A tal scopo nel 1944, a guerra inoltrata e con l’approssimarsi della sconfitta tedesca, il governo Danese richiese un’ispezione della Croce Rossa Internazionale.
Il Reich era stato preallertato con largo anticipo e colse l’occasione per commissionare un video del tutto falsificato e negazionista per ingannare l’opinione pubblica.
Provvidero allo scopo ad accelerare la deportazione dei prigionieri, ristrutturare superficialmente le baracche/dormitorio e installare strutture spurie come una piscina per dare l’idea di un luogo di amena vacanza.
Non paghi di aver evitato quindi le accuse della CRI, costrinsero l’attore e regista ebreo Kurt Gerron, un tempo affermato caratterista ed ora un prigioniero tra gli altri in condizioni inumane, a girare un finto documentario di propaganda per mostrare Theresienstadt come un luogo ameno di lavoro, svago e vacanza.
Il film di Kurt Gerron
Gerron fu sia minacciato che blandito: gli fu detto che se il documentario fosse andato bene, egli sarebbe stato salvato da ogni successiva selezione, considerato un prigioniero utile e, non ultimo dato per un ex caratterista e regista, dopo sette anni tra persecuzione e deportazione sarebbe finalmente tornato all’amato mondo dell’arte.
Gerron accettò un proverbiale “patto col Demonio”, e cominciò le riprese sotto la diretta supervisione delle SS e con una compagnia di Praga scelta dal Regime.
Nell’agosto del 1944 il regista iniziò a lavorare al nuovo film di propaganda dal titolo Der Führer Schenkt den Juden eine Stadt (Il Führer dona una città agli ebrei) meglio noto come Theresienstadt. Ein Dokumentarfilm aus dem jüdischen Siedlungsgebiet (Terezin: Un documentario sul reinsediamento degli ebrei).
Nelle intenzioni del Reich il film propagandistico sarebbe dovuto essere diffuso a tutti gli stati neutrali e alleati del Reich per “ostentare” le buone intenzioni di Hitler e fungere da volano del Negazionismo mondiale.
Il film fu terminato ma non fu mai pubblicato per intero, complice l’avanzata degli Alleati e dei Sovietici. Ivan Fric, l’assistente fotografo e cameraman, definì le scene girate un “teatro dell’assurdo”, che, comprensibilmente, attirarono su Gerron l’odio degli altri deportati.
Alcuni spezzoni del film, quelli che avete visto nel post X, furono comunque distribuiti diventando una delle basi del negazionismo moderno.
I nazisti decisero di non onorare il patto con Gerron e lo “ricompensarono” deportandolo con la moglie ad Auschwitz nel 28 Ottobre del 1944, giusto in tempo perché entrambi fossero “gasati” nella “Soluzione Finale” assieme a tutte le comparse sopravvissute del video di propaganda.
Gerron se ne andò, secondo i testimoni, senza un lamento e senza implorare per aver salva la vita.
Tutti gli interpreti del falso documentario di propaganda erano ora morti, lasciando gli spezzoni ai negazionisti moderni.