La falsa attribuzione di Joseph Goebbels sulla bugia che, se ripetuta, diventa verità

goebbels

Abbiamo più volte fatto notare quanto una semplice frase sovrimpressa ad un’immagine non sia un’informazione, tanto meno una fonte. Se volete approfondire ne abbiamo parlato qui, mentre in questo altro editoriale abbiamo illustrato la figura dei mendicanti del web con alcuni esempi. Oggi tocca a Joseph Goebbels, non esattamente un rapper della periferia milanese ma il Ministro della Propaganda del Terzo Reich dal 1933 al 1945. In poche parole, uno dei personaggi determinanti per la nascita e l’avanzata del nazismo di Adolf Hitler. A lui viene attribuita una frase che piace particolarmente ai bufalari, ai disinformatori, ai no-vax e ai complottisti.

“Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità” (Joseph Goebbels, ministro della Propaganda del Terzo Reich dal 1933 al 1945)

Dopo aver cercato conforto in Sandro PertiniWinston Churchill, il nuovo beniamino dei condivisori compulsivi è Goebbels. Se facciamo un giro sui social notiamo che viene usata essenzialmente nel contesto della pandemia da parte e di chi nega l’esistenza del SARS-CoV-2 e di chi professa una fede antivaccinista. Joseh Goebbels pronunciò realmente quelle parole?

Un falso nato in acque internazionali

Trattandosi di un personaggio noto in tutto il mondo è d’uopo cercare tra le fonti internazionali. Ci accorgiamo che la stessa attribuzione è stata analizzata dai colleghi di Reuters in un articolo del luglio 2020. Una frase simile esiste, ma non appartiene a Goebbels. Risale al 1978, piuttosto, ed è presente all’interno del libro Final Entries, 1945: The Diaries Of Joseph Goebbels scritto dallo storico Hugh Trevor-Roper, più precisamente a pagina 20. La stessa affermazione è presente nell’edizione successiva, dal titolo The Goebbels Diaries: The Last Days, a pagina 19. Ecco cosa scriveva Roper:

“Gli argomenti devono dunque essere crudi, chiari e forti, e fare appello alle emozioni e agli istinti, non all’intelletto. La verità non era importante, e del tutto subordinata alla tattica e alla psicologia, ma le bugie di comodo (‘verità poetica’, come una volta le chiamava) devono sempre essere rese credibili”.

È decisamente simile al virgolettato che oggi poniamo in analisi, ma sono parole scritte da Trevor-Roper dopo il 1978, non da Goebbels che comunque morì nel 1945. Lo storico Richard J. Evans, interpellato da Reuters, ha riferito che quella frase è opera di Roper e riassume il pensiero di Goebbels, ma non è di Goebbels.

Non è tutto. Un altro storico, Randall Bytwerk, ha creato un intero blog dedicato alle false attribuzioni di Goebbels, Goebbels Didn’t Say It (Goebbels non l’ha detto). Nel 2012 Bytwerk ha riportato che la frase da noi presa in analisi esisterebbe dal 2011 (in un aggiornamento del 2015 ha riferito che i primi riscontri risalgono al 2002) in questa versione:

Se dici una bugia abbastanza grande e continui a ripeterla, le persone finiranno per crederci. La menzogna può essere mantenuta solo per il tempo in cui lo Stato può proteggere il popolo dalle conseguenze politiche, economiche e/o militari della menzogna. Diventa quindi di vitale importanza per lo Stato usare tutti i suoi poteri per reprimere il dissenso, perché la verità è il nemico mortale della menzogna, e quindi, per estensione, la verità è il più grande nemico dello Stato”.

In questo caso non esiste un riscontro, nemmeno una parafrasi dalle opere di Trevor-Roper.

La versione italiana

In Italia i bufalari arrivano sempre un po’ più tardi. Tra i colleghi fact-checker esiste un’analisi pubblicata da ButacIl Disinformatico. Il sito Aforismi.net associa questa citazione a Joseph Goebbels, e ovviamente non cita le fonti. Il discorso è lo stesso: la frase non fu mai pronunciata né scritta da Joseph GoebbelsIl Disinformatico, inoltre, fa notare che un concetto simile è presente in un documento della CIA pubblicato nel 1999 in cui veniva analizzato il profilo psicologico di Hitler. L’autore del documento è Walter C. Langer, non certo Joseph Goebbels. Troviamo il riferimento a pagina 46 del documento:

“Le sue regole principali erano: non permettere mai al pubblico di rinsavirsi; Non ammettere mai una colpa o un torto; Non concedere mai che ci possa essere qualcosa di buono nel tuo nemico; Non lasciare mai spazio ad alternative; Non accettare mai la colpa; Concentrati su un nemico alla volta e incolpalo per tutto ciò che va storto; La gente crederà prima a una grande bugia che a una piccola; E se lo ripeti abbastanza spesso la gente prima o poi ci crederà”.

C’è chi sostiene che il virgolettato attribuito a Goebbels appartenga in realtà proprio a Hitler, che nella sua teoria sulla Große Lüge, la Grande Bugia, espressione da lui stesso coniata nel Mein Kampf, avrebbe proprio pronunciato quelle parole. Anche in questo caso, tuttavia, non esistono riscontri.

L’ennesima falsa citazione

Ci troviamo dunque di fronte all’ennesima falsa attribuzione alla quale molti utenti si appigliano per scaricare su personaggi celebri (tristemente e non) un loro pensiero, per cercare autorevolezza o per scadere nel vittimismo. La falsa attribuzione di Joseph Goebbels è soltanto l’ennesimo tentativo disperato. Di fatto la falsa profezia si sta realizzando sui social, ma questa è un’altra storia.

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