Ogni anno ricorre una domanda: Jingle Bells è razzista? Un interrogativo che spesso imbarazza, dal momento che si tratta del canto di Natale più popolare da che abbiamo memoria. Come spesso accade sui social, in certi periodi dell’anno alcune teorie ritornano con una certa puntualità.
Jingle Bells è razzista? Le ultime pubblicazioni sui social
I colleghi statunitensi di Lead Stories segnalano che da qualche settimana su TikTok è comparso un video che supporta la teoria delle origini razziste di Jingle Bells, e inevitabilmente il contenuto è migrato anche su Facebook.
Perché Jingle Bells dovrebbe avere origini razziste? Secondo i sostenitori di questa teoria, i “jingle bells” che danno il titolo al brano venivano applicati al collo degli schiavi neri per far sì che restassero a portata di udito dei padroni e dei cani, per impedire loro ogni tentativo di fuga.
Questa storia viene sintetizzata da un’immagine accompagnata da una citazione di tale Mike Glass. La riportiamo di seguito.
Questo è ciò che significa “jingle bells” — I ‘jingle bells’ servivano ai proprietari per sentirli mentre cercavano di scappare durante la notte. Era più facile anche per i cani. Più imparo e più mi allontano da queste tradizioni pagane… insegnando ai miei figli la verità, non le favole.
La foto mostrata è opera dell’artista Fabrice Monteiro, che nel 2014 ha pubblicato la collezione Marrons, Les esclaves fugitifs. I dispositivi usati sui modelli in posa per gli scatti sono una riproduzione fedele degli strumenti utilizzati dai coloni francesi per il controllo degli schiavi, secondo Le Code Noir del 1685.
Siamo al punto più recente della narrazione sulle origini razziste di Jingle Bells: cosa dimostrano questi post? Con questi elementi siamo di fronte alle supposizioni degli autori, che offrono una versione certamente suggestiva fatta di associazioni di immagini, ma mancano le fonti. I Jingle Bells erano veramente i campanacci apposti sul collo degli schiavi neri?
Il lavoro della ricercatrice Kyna Hamill
Wired ricorda che l’origine di Jingle Bells è contesa tra diverse località, specialmente Savannah (Georgia) e Medford (Massachusetts). Per questo la ricercatrice Kyna Hamill dell’università di Boston tra il 2016 e il 2017 ha condotto uno studio archivistico per risalire all’origine della popolare canzone di Natale. A Savannah e Medford, infatti, si trovano targhe che rivendicano l’origine del brano.
L’intento di Kyna Hamill era dunque stabilire, attraverso un’accurata ricerca accademica, il luogo in cui fu scritta e composta la canzone Jingle Bells. Il nome del compositore è James Lord Pierpont (1822-1893), come riporta un primo articolo firmato da Joel Brown per BU Today pubblicato nel 2016.
Pierpont è sepolto a Savannah, e secondo le prime fonti scrisse il testo di Jingle Bells alla Simpson Tavern di Medford nel 1850.
Kyna Hamill, dunque, ammette di non essere in grado di stabilire il luogo in cui Pierpont scrisse Jingle Bells, ma secondo la targa commemorativa presente a Savannah. È necessario sapere, a questo punto, che il titolo originale di Jingle Bells era One Horse Open Sleigh.
L’espressione One Horse Open Sleigh rimanda senza equivoci alle corse su slitta, un’attività che non aveva alcuna attinenza con il razzismo. Si parla di razzismo, piuttosto, per quanto riguarda la prima esibizione pubblica del brano.
James Lord Pierport e le esibizioni in blackface di Johnny Pell
Secondo Kyna Hamill, Pierpont era una sorta di disperato alla costante ricerca di sbarcare il lunario, per questo si arruolò nei Confederati durante la Guerra Civile, specialmente dopo aver visto fallire tante strade professionali.
Nel documento peer-reviewed pubblicato nel 2017, la Hamill ci illustra il contesto dei Minstrel Show, una forma di spettacolo rivolto soprattutto al pubblico bianco in cui molto spesso i minstrel si esibivano con la faccia dipinta di nero, la comune “blackface”, per offrire al pubblico un’immagine stereotipata e goffa degli afroamericani.
James Lord Pierpont, secondo un articolo pubblicato da Gladys N. Hoover sul Daily Boston Globe il 22 dicembre 1946 e riportato sul documento di Hamill, era solito scrivere canzoni per minstrel, la prima delle quali fu The Returned Californian, composta nel 1852.
Ecco, dunque, le presunte origini razziste di Jingle Bells. La prima esibizione di Jingle Bells con il titolo di One Horse Open Sleigh, che la stampa dell’epoca ricordi, risale al 15 settembre 1857 presso l’Ordway Hall di Washington Street, a Boston.
Il brano fu portato in scena da Johnny Pell della compagnia Ordway’s Aeolians, che era solita esibirsi – appunto – con la blackface (qui una foto della stampa dell’epoca).
Le speculazioni politiche
Il 22 dicembre 2017 il Guardian ha riportato che Kyna Hamill, a seguito del suo studio, ha ricevuto una serie di e-mail e messaggi di odio:
Mi è stato detto che stavo cercando di rovinare il Natale ai bambini a cui non era più permesso cantare la canzone.
In altre occasioni la sua pubblicazione è stata strumentalizzata da diverse parti politiche e dalle emittenti nazionali. Per questo, sempre verso la fine del 2017, la stessa Kyna Hamill ha riferito al Boston Herald che la sua ricerca non supporta le teorie sul legame tra Jingle Bells e il razzismo.
Al contrario, ha precisato:
Il mio punto era che, poiché ora è incluso nel catalogo delle canzoni natalizie, è sfuggito a uno studio rigoroso.
Quindi: “Non ho mai detto che fosse razzista”. Piuttosto, Pierport scrisse il testo ispirandosi alle canzoni da slitta e in quel contesto storico gli spettacoli più popolari erano i Minstrel Show con gli attori che andavano in scena con la blackface.
Conclusioni
Jingle Bells è razzista? I rumor contemporanei sono esplosi dopo la pubblicazione di Kyna Hamill, che nel suo studio non voleva dimostrare la relazione tra la canzone e il razzismo, bensì risalire al luogo in cui era stata scritta da James Lord Pierport con il titolo One Horse Open Sleigh.
One Horse Open Sleigh fu scritta in un contesto in cui i performer – minstrel – andavano in scena con la blackface, una scelta che certamente era figlia del razzismo.
I Jingle Bells, in ogni caso, non erano i campanacci usati per controllare gli schiavi, bensì si riferivano alle corse sulla slitta che in quei tempi erano occasione di festa.